Apriti cielo e Deo gratias!
Finalmente si alza il livello della discussione, il nuovo regolamente è stato pensato proprio per dar un respiro più ampio al forum e non soffermarsi ai soliti dettagli relativi a questo o quello strumento, e, fintanto che si rimane nei limiti della buona educazione, anche queste riflessioni sono fondamentali e più importanti della vitinia di fermo della terza pompa
Detto questo, mi sembrava doveroso, e senza entrare nello specifico cercherò di esplicitare meglio il pensiero che nel primo post è stato assai sintetico, e come tale, privo di alcuni elementi che, sebbene superflui, aiutano a comprendere il quadro generale.
L'ipotesi, appunto (mi raccomando attenzione che nel tuo precedente hai riportato alcuni aspetti come tesi ma in realtà appartengono ancora all'ambito dell'ipotesi) è che ci sia una differenza (sia nel tempo, sia nello spazio, e come tempo parlo di un lasso di alcune migliaia di anni, non certo dell'ultimo secolo) tra le popolazioni orientali e quelle occidentali nel proprio rapporto con il concetto di "gerarchia" (sia essa intesa in senso tanto Spirituale quanto temporale, anche laddove tali aspetti confluiscano in un unica manifestazione come ad esempio nei Faraoni dell'antico Egitto).
Non è mia intenzione dimostrare la validità di tale ipotesi, essa è certamente valida e vera secondo determinati punti di vista, altrettanto certamente falsa secondo altri, ad esempio per chi ha una visione immanentista della relatà tale ipotesi risulterà necessariamente falsa, al contrario per chi ha un certo tipo di visone trascendentale della realtà tale ipotesi risulterà valida.
Dato come assunto che la succitata differenza esista, ma soprattutto sia esistita in passato più che ai giorni nostri ai quali stiamo, anzi, assistendo ad una "occidentalizzazione" del mondo orientale (con la perdita di tante forme tradizionali che avevano accompagnato questo mondo fino al 1800 più o meno) tale differenza non può che essersi esplicitata in "forme" (intese in senso Aristotelico) differenti tra il mondo orientale e quello occidentale, così come effettivamente è stato nei secoli passati (non fosse stato così avremmo tutte tradizioni uguali in tutto il mondo).
Una di queste "forme", o se preferisci possiamo anche definirla come "idea" (in senso Platonico) è sicuramente la musica che nel suo divenire da potenza ad atto può assumere significati e funzioni assai diversi. Nel caso occidentale, ad esempio, abbiamo da un lato la musica profana (che a sua volta raggruppa una miriade di tipi differenti) e quella Sacra (anche se oramai quasi scomparsa).
In questo contesto una cosa è assolutamente certa, la musica orientale e quella occidentale sono completamente differenti, così come a loro volta differiscono dalla tradizione mediorientale e da quella del continente africano e probailmente anche altre di cui non sono a conoscenza in quanto esulano completamente dal campo del mio vissuto. Differenze tanto sensibili e macroscopiche che risultano analoghe a quelle esistenti tra le lingue parlate nelle varie regioni del globo terracqueo.
Orbene, tali differenze si esprimono tanto nella forma sensibile "μορφή", quanto nel modo in cui si presentano "σχήμα", altrettanto nella loro intelleggibilità "είδος" che esse offrono al recettore o fruitore. Cerco di spiegare con un esempio ciò che intendo: se un Cinese mi parla nella sua lingua io capisco che sta parlando, potrò anche capirne il tono di quanto mi sta raccontando (arrabbiato, felice, imperioso etc.) ma non capirò cosa effettivamente mi stia dicendo al contrario di un altro cinese che comprenderà, invece, perfettamente e lo stesso vale all'incontrario.
Definito ed assodato che le differenze esistano, dicevo che esse non possono altro che esplicitarsi mediante mezzi differenti, tra cui appunto anche gli strumenti musicali essendo essi null'altro che delle forme particolareggiate delle funzioni che devono svolgere. Essendo diversa la musica, non possono che essere diversi anche gli strumenti che tale musica devono riprodurre. Il che non significa che non possano esserci strumenti "analoghi" tra il mondo occidentale e quello orientale, possono essere persino a volte quasi identici, stiamo comunque pur sempre parlando di una idea pura (la musica appunto) che in quanto tale ha valore "universale" mentre le differenze con le quali tale idea pura si esplicano risiedono esclusivamente nell'ambito particolare (sia temporalmente che spazialmente) del luogo e del tempo in cui tale musica si è "cristallizzata" mediante l'azione dell'uomo che dall'idea pura l'ha resa, invece, concreta.
Anche considerano la musica come semplice manifestazione, priva quindi di qualsiasi valenza sovra-immanente, il fatto che presenti così tante diversità da un tempo all'altro e da un logo all'altro deve necessariamente far ricorso a strumenti differenti per manifestarsi.
Bene, in quest'ottica, lo sviluppo degli ottoni in occidete ha sicurmanete tratto grande impulso da due utilizzi assai specifici sebbene molto diffusi fino ad un centinaio di anni fa. Da un lato i protocolli di corte dove l'ingresso dei dignitari veniva annunciato attraverso le fanfare che sono per lo più composte da ottoni e percussioni. Dall'altro l'utilizzo militare dei "corni" conosciuto sin dai tempi più antichi. Nel secondo caso è piuttosto semplice individuare il motivo della scelta di tale strumento per impartire comandi alle truppe (segnali codificati e facilmente riproducibili), un po' meno nel primo.
Perché era necessario annunciare l'ingresso dei dignitari mediante elaborati e, spesso, anche piuttosto lunghi brani sonori?
Non sarebbe bastata una strombazzata e via? E' sicuramente su questo punto che dobbiamo soffermarci a riflettere per arrivare a "derimere" il quesito di Matteo iniziale.
Perché, invece, nelle corti asiatiche si utilizza(va) solitamente il Gong per annunciare i dignitari? E perché spesso un solo colpo era sufficiente?
Lo stesso ragionamento potremmo farlo con mille altre questioni, perché le nostre preghiere (penso a quelle latine in particolar modo) sono così lunghe ed elaborate e gli indù pronunciano solo dei mantra che spesso si riducono ad un'unica sillaba?
E' possibile che queste differenze così abissali tra il mondo occidentale e quello orientale abbiano fatto si che da noi si siano sviluppati (e quindi utilizzati poi per altri scopi) certi tipi di strumento piuttosto che altri invece sviluppatisi nel mondo orientale? Per me la risposta è affermativa, altrimenti avrei scritto altro, e sono esattamente quelle differenze presenti nel modo di concepire la gerarchia, tra le popolazioni orientali e quelle occidentali, nel proprio rapporto con tale concetto sia che lo si intenda in senso tanto Spirituale quanto temporale, anche laddove tali aspetti confluiscano in un unica manifestazione come scrivevo all'inizio.