Il vintage italiano

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Zosimo
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Il vintage italiano

Messaggio da Zosimo »

Mi sono sempre domandato e nel contempo dispiaciuto, perchè l'italia non abbia
avuto un mercato interno valido di strumenti musicali soprattutto ottoni e trombe.
Per quanto riguarda i sax, ci sono state belle realtà come la Grassi ( la Selmer gli fece anche causa
vincendo perchè la G di grassi sul chiver ricordava la S di Selmer) fino a quando non venne venduta
e infatti diversi modelli oggi sono ricercati e arrivano tranquillamente a costare più di 1000 euro
come il modello professional 2000. Altre marche come Ramponi e Cazzani o Borgani al giorno d'oggi
sono belle realtà con sax professionali usati da molti professionisti, mentre per quanto riguarda le trombe nulla.
se si escludono i tantissimi strumenti da battaglia usati nelle bande o almeno io non ricordo nessun modello di punta
o che abbia suscitato qualche interesse. Ricordo nel famoso ( forse ne abbiamo già parlato) listino dove ad ogni
trombettista era associato la tromba e il bocchino che suonava, che il mitico Woody Shaw ad un certo punto della sua
carriera suonò una Meazzi copia della 38b, ma di questa tromba altro non so. Voi che dite? capisco che competere
con il mercato americano era impossibile, ma come mai una casa come la Grassi per dire investì sui sax e non sulle trombe?


Trombe Bb: Cinesina, Holton Revelation 1923, Carol Brass 5000
Martin Commitee 1948
Cornetta Bb: Conn 77A 1960
Flicorno: Couesnon Monopole Conservatorie 1960 o giù di lì
Bocchini: Un secchio
Non importa se la storia vintage sugli strumenti sia vera, l'importante che sia una bella storia.
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Marco Muttinelli
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Re: Il vintage italiano

Messaggio da Marco Muttinelli »

Tocchi un tasto per me assai dolente.
Avevo in programma degli incontri con Claudio Zolla (Rampone e Cazzani), persona squisita e disponibilissima, ma l'arrivo del coviddo ha fatto naufragare. Con il signor Zolla abbiamo avuto interessantissimi colloqui telefonici ed il quadro che è emerso dei produttori italiani, soprattutto fino agli anni '50 è profondamente diverso dall'immaginario collettivo che ci portiamo dietro dagli anni 70-80.
Una vera produzione di strumenti di altissimo profilo se pensiamo che i nostri produttori oltre che fornire tutti gli strumenti possibili alle eccellenti orchestre italiane, come quella della Scala di Milano o della Rai, spesso e volentieri erano in grado di confrontarsi con le realtà di tutta europa.

E' un progetto rimasto nel cassetto, ma mi hai fatto voglia di ritirarlo fuori... sperando di trovare il tempo per lavorarci su...
Per quanto riguarda specificamente le Tp R&C faceva degli strumenti stupendi : Wink :
il CONNsole
mail: c.g.conn.expert@gmail.com

Trumpet
22B New York Symphony 1940; 12B Coprion Special 1940; 8B Artist 1965; 6B Victor 1968
Buescher The 400 T225 1937

Cornet
Perfected Wonder e Perfected ConnQueror 1907; 82A Victor 1925; 38A Victor Special 1937; 38A Connstellation 1968


Fluegelhorn
Couesnon Monopole ?


Mouthpiece
serie Famous Artist: BI-220, BI-225 e BI-420 (tp)
serie Precision: 4 (tp)
serie Improved Precision: 4 e 5 (tp); 3 e 4 (cn)
serie Connstellation: 5 B-N, 5 B-W, 7 B-N, 9 B-N (tp)
serie E-Z Tone: Elkhart, Abilene, Eastlake (tp)
Denis Wick: 4FL e 4BFL (fl); 4 Classic (cn)
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Zosimo
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Re: Il vintage italiano

Messaggio da Zosimo »

Non dico di essere un esperto, ma appassioanto sì
e sinceramente delle trombe R&C, mai sentito parlare in toni lusinghieri,
ma nemmeno dispregiativi cioè non vengono mai considerati questi strumenti,
almeno per le ''ricerche'' che ho fatto io, quindi sulle trombe R&C se sai qualcosa vuota il sacco : Chessygrin :
Io posso dire che Nunzio Rotondo suonava Martin Committee se non erro large bore deluxe e lo stesso
Valdambrini che oltre a essere un eccelso solista era anche la tromba della rai come tutti i jazzisti italiani
dell'epoca provenivano da li. Parlando con il bravissimo trombettista Felix Reggio( che ha il flicorno di Valdambrini)
mi racconto che Oscar preso la committee direttamente dagli usa e per farsela arrivare fu una lunga attesa. parlaimo
degli anni 50 e non c'era l'internetto : Lol :
Ps: attraverso il sax, ho conosciuto un signore che nei dintorni di Milano ha un atelier R&C, mi informerò. grazie della dritta.
Trombe Bb: Cinesina, Holton Revelation 1923, Carol Brass 5000
Martin Commitee 1948
Cornetta Bb: Conn 77A 1960
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Marco Muttinelli
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Re: Il vintage italiano

Messaggio da Marco Muttinelli »

Come informazioni ho quelle ricevute appunto da Claudio che mi diceva che le vecchie R&C erano appunto strumenti totalmente pro e che vantavano come R&C diversi brevetti e premi. Avevo in programma di fare alcuni giri in sede da loro proprio per consultare documenti di archivio dato che pare abbiano ancora molto materiale. Porta pazienza ma se qualche utente avesse voglia di fare questo lavoro lo metto in contatto con Zolla...
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Perfected Wonder e Perfected ConnQueror 1907; 82A Victor 1925; 38A Victor Special 1937; 38A Connstellation 1968


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kkongiu
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Re: Il vintage italiano

Messaggio da kkongiu »

Seguo con attenzione, mi ha sempre incuriosito il panorama degli strumenti Italiani, d'altronde su altri campi siamo stati per molti anni l'eccellenza e sarebbe bello scoprire qualche perla anche tra i fiati.
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Zosimo
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Re: Il vintage italiano

Messaggio da Zosimo »

Intervista a Orfeo Borgani

La lunga intervista che segue, di cui trovate solo un estratto, ha toccato molti temi ma con un filo conduttore comune, il distretto marchigiano e la musica. Tutto è partito con una semplice domanda: Come nasce il distretto? Il professor Borgani ci ha raccontato e documentato, passo passo, una storia e un contesto distrettuale che lo ha sempre sfiorato ma di cui non si è mai sentito parte fino in fondo. Le ragioni sono molteplici e riguardano, guardando oltre il confine della sua azienda, una storia tutta italiana di artigianato e industria.

[***]

- Perché specializzarsi nei sax? Questa passione per lo strumento non nasce dell’influenza americana del fratello del nonno alla Conn, che produce prevalentemente ottoni, ma dalla passione per i legni del nonno, dal clarinetto. Il nonno, dopo la seconda guerra mondiale, intuisce che bisogna darsi da fare con i sax. C’è stata, per fortuna, una grande ascesa di questo strumento e sarà la terza generazione a dedicare la maggior parte della produzione, negli anni ’60, ai sax. Negli anni ’80 si passa alla realizzazione di soli sax, abbandonando tutto il resto della gamma di prodotti. Purtroppo l’Italia è un paese poco fertile per la musica, è un paese difficile che non ha dato spazio, se non alla liuteria, ai costruttori di strumenti. Non sono nate scuole e c’è stata pochissima divulgazione.

- Il nonno ha avuto un’intuizione? Si, ma non so quanto convinto fosse di questa mossa; è stato stimolato dal figlio probabilmente, che per amore della musica ha divulgato e valorizzato la costruzione di sax. C’è un aneddoto sulla costruzione degli strumenti e in particolare sull’ebano utilizzato per i clarinetti. Una volta era considerato un legno poco pregiato, quasi di scarto: era importato dalle colonie italiane e usato nelle navi come stabilizzatore per la linea di galleggiamento. In pratica le navi trasportavano materiali e macchinari nelle colonie africane e ritornavano piene di ebano. Come si utilizzava questo materiale di importazione? Qualche mobile, nulla di più. Il migliore veniva fortunatamente selezionato e recuperato dal nonno per fare clarinetti. Sono stati conservati gli scritti in cui è spiegato come selezionare il legno migliore.

- C’è mai stata innovazione nel sax? Non c’è mai stata molta concorrenza né innovazione nel settore del sax. Lo sviluppo non è avvenuto come doveva, l’Italia ha sempre fatto un prodotto discreto e non è riuscita ad arrivare alla qualità dell’estero. Solo la liuteria con esempi come Stradivari, Amati e Guarnieri del Gesù ha avuto grandi testimoni capaci di rendere immortale la tradizione artigiana. Ma stiamo andando troppo indietro nel tempo, c’è stato un radicamento nella cultura popolare unico e irripetibile. Tornando al Sax, noi abbiamo deciso di andare in contro tendenza e diventare strumento di alta gamma: si punta al mercato dei professionisti. L’intuizione è quella di realizzare un prodotto nuovo, in un settore fortemente tradizionalista. La domanda era: come scalzare aziende grossissime e famosissime come Selmer o Yamaha? Facendo concorrenza sullo stesso prodotto? La risposta è un no secco, motivato dall’idea di produrre qualcosa di qualità ancora superiore, in modo da scalzare il marchio blasonato. Purtroppo se c’è il marchio famoso tutto è più facile, come avere il made in Italy sulla moda. Basta che un capo di abbigliamento sia fatto in Italia e subito vende, a prezzi superiori. Cosa può fare Borgani per differenziarsi? Per non “scimmiottare” la concorrenza? Le scelte sono: compete sul prezzo, realizzare qualcosa di completamente differente o venire schiacciati. I coreani e i giapponesi hanno già la fetta del “low price”, stando sul mercato a prezzi stracciati e qualità media di prodotto. Questa logica è impossibile in Italia. L’unica strada rimasta è quella dell’altissima qualità, fare qualcosa di diverso. Siamo nella quarta generazione, alla metà degli anni ’80.

- Qualcosa di diverso, cosa si intende? Anche in questo caso ci siamo posti molte domande: come riprogettare questo strumento? Con quali caratteristiche? Si decise di seguire una strada mai battuta prima, ma molto logica, che non veniva fatta nell’industria italiana: andare a sentire i fruitori del nostro prodotto, i musicisti. Le loro opinioni erano e sono importanti per noi, vogliamo sapere cosa vorrebbero nel loro strumento che nella produzione attuale non trovano. Noi abbiamo iniziato a fare questo 25 anni fa.Usiamo 7 leghe sonore a differenza di tutti gli altri. Il sax era al massimo lucido o argentato, ma solo per una questione di colore: adesso invece si tratta di colore legato ad una ricerca del suono. Abbiamo iniziato a lavorare su queste leghe per dare una fisionomia ben delineata, un colore diverso a ogni prodotto. Personalizzazione, modifiche in itinere, questo è il salto di qualità. Il segreto è nell’età dei dipendenti che lavorano in azienda, è maturato un rapporto personale molto stretto in tutti questi anni dominato da continuità e famigliarità. Un artigiano (indicando la grande foto sul retro /immagine iniziale/) ha lavorato con noi quasi 60 anni: è stato al fianco delle ultime 3 generazioni. Ma questa longevità aziendale è stata una doppia responsabilità, perché poteva rivelarsi una strategia vincente come no. Non sapevano se rinnovare la nostra squadra lavorativa, il mercato avrebbe recepito questo rinnovamento? In quali tempi? Noi, ogni giorno, siamo San Marino che fa la lotta con gli Stati Uniti, noi ci dividiamo il mercato con 4-5 multinazionali con cui ci dividiamo il “professionale” che hanno potenzialità molto maggiori, basta fare il nome “Yahama”.

[***]

- Paradossalmente, l’essere piccini, vi ha agevolato? In questo caso, per noi, l’essere più piccoli è stato un bene, voleva dire decisioni più veloci, per avere più qualità. Non esiste la serie 1, la serie 2, ecc. se c’è qualcosa di migliorabile lo si fa subito, domani mattina è pronto. L’idea poi, nel 1998, di avvicinarci ai musicisti e far suonare a Joe Lovano, uno dei più grandi, un nostro strumento è stata la nostra tesi di laurea. Siamo un’azienda sempre lavori in corso, il work in progress è la quotidianità. L’essere innovativi all’inizio comporta una resistenza da parte di un settore come il nostro, siamo stati malvisti, nonostante il jazz dovrebbe essere una musica nuova e rivoluzionaria che apprezza il cambiamento. Il prodotto di riferimento nel jazz non è il prodotto attuale, un po’ come la liuteria, il massimo riferimento è il passato. I sax più ambiti sono quelli degli anni ’50 e tra questi alcuni modelli della Conn e il mitico “Mark VI”: non è sufficiente essere i più bravi oggi, perché il prodotto che i professionisti desiderano è un oggetto che non viene più realizzato. Il riferimento è il grande Jazzista del passato, suonava quel modello perché c’era quello ed è passato alla storia, oltre normalmente alla validità del prodotto.

[***]

- Il ruolo del progetto e l’innovazione sono stati determinanti? Si, grazie soprattutto alla conoscenza di ciò che ci circonda. Ho cominciato con il commerciale e questo, forse, ha stimolato un po’ di più la ricerca nel mercato, il guardarsi attorno, non il tentativo di fare il prezzo concorrenziale, ma per la qualità. Nel mondo ci sarà sempre qualcuno che riesce a fare un prodotto a prezzo più basso, inutile provare a competere economicamente. Questo è il problema, la concorrenza straniera ha portato a non avere più aziende che producono alta qualità: in America non c’è più nessuno che realizza sax, in Italia ci sono solo 2 aziende che producono ancora, ci sono poi 2 aziende giapponesi, una in Francia e una in Germania. L’America, che era il mercato più ampio, non ha più un produttore. Poi c’è Taiwan con il prodotto medio, medio alto. Selmer è in decadenza e Taiwan oggi fa un prodotto molto simile, per certi aspetti anche meglio ad un terzo del prezzo. Selmer ancora oggi ha un buon progetto, ma è realizzato in maniera veloce per stare dentro con i costi. Anche perché hanno licenziato metà del personale, quello più anziano, quello più esperto e più bravo: quindi quello che dava la qualità.
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