Nel mio passato di batterista ho avuto, come tutti, molti amori, Ian Paice, John Bonham ma poi l'ascolto del bellissimo Spectrum di Billy Cobham, mi convinse del fatto che avrei dovuto iscrivermi ad una vera scuola e studiare seriamente. Fu così che approdai ai grandi maestri del batterismo jazz: Art Blakey, Kenny Clarke, Elvin Jones, Philly Jo Jones e Max Roach. Per molti anni ho studiato approfonditamente lo stile di Roach.
Il suo batterismo è architettonicamente perfetto, meno africano di Blekey o di Elvin Jones ma strutturatissimo e molto molto elegante ed efficace.
Maestro assoluto dei tempi dispari, basti ascoltare l'immenso "Speak brother speak" o l'innovativo ed artisticamente eccelso "Drums unlimited"
La mano destra che stende un costante beat sincopato, classicissimo sul ride e la mano sinistra che inseme alla cassa racconta continuamente frasi con una logica disarmante.
Ma di Roach, non fu solo l'eccelso batterismo a colpirmi ma anche il suo impegno civile e sociale nelle lotte alla segregazione, nei manifesti per i diritti dei nero americani, nel raccontare l'Africa e l'America degli schiavi. Impegno che ha visto lui e la consorte, la splendida Abbey Lincoln, farne cosa primaria per tutta la vita. In molti collaborarono a queste denunce e rivendicazioni, scrittori, poeti, giornalisti. Da un punto di vista discografico, è moltissimo il materiale di lui e della Lincoln: Freedom now. We insist, freedom now suite. Speak brother speak. Chattahocee red e molti altri LP.
Ancora oggi ci sono musicisti "impegnati" ed altri, la maggior parte direi, distaccati da altro che non sia il pentagramma. Oggi, grazie alla tecnologia, alla rete, è più facile, rispetto anche solo a 30 anni fa, raggiungere traguardi tecnici ragguardevoli. Oggi il pianeta conta milioni di strumentisti tecnicamente impressionanti ma quanti musicisti/artisti creativi o addirittura innovativi ci sono? Non tanti quanto coloro che hanno "esclusivamente" una gran tecnica.
Non sono mai riuscito a vedere l'aspetto tecnico disgiunto da quello creativo e non sono nemmeno mai riuscito a digerire davvero, un artista lontano o addirittura disinteressato alle cose che stanno al di fuori della musica.
Il fatto è che io stesso, prima di essere un musicista, sono una persona come tutte le altre, con i bisogni e le problematiche di tutte le altre persone, dal manager al muratore, nessuno escluso.
Penso, per mia esperienza, che l'essere artisticamente rilevante, richieda l'essere un certo tipo di persona. Richiede lo scavare se stessi e mischiarsi impietosamente, con le cose del mondo, con la bellezza e le miserie del mondo. Se cerchiamo costantemente un miglioramento personale e collettivo, se abbiamo a cuore gli altri, siamo sulla buona strada per le arti. Diversamente, potremo fare note stile mitragliatrice, potremo fare il numero da circo ed avere il pubblico che ci eleva a genio ma difficilmente potremo toccare l'arte.
Il motivo per me è semplice: le arti vengono dalle cose della vita, le arti si cibano del bello e del brutto della vita e per questo non possono essere frequentate se non si è capaci di frequentare la vita.
Le arti non consentono la menzogna, il circo, dove l'illusionista usa i trucchi,si, li il trucco va bene.
Le arti, alla fine smascherano, rivelano chi veramente siamo, non c'è scampo.
Questa, la mia personale esperienza.
Nella foto allegata, vedete il classico 7/4 usato da Roach in Man from south Africa. E' semplice, scarno, feroce ed elegante al tempo stesso. Un accento sul primo movimento e poi una serie di sincopati, anche questi molto classici, sul ride. La forza sta proprio li, nella semplicità, che in questo caso lascia spazio al testo e lo rafforza creando una sottile linea di tensione continua che trova efficacia tensiva proprio nella sua ripetitività.
Il fine delle arti è spiazzare, destabilizzare, indicare, suggerire, ribaltare ma certamente mai compiacere, accondiscendere e nemmeno affermare certezze. Quello è piano bar, intrattenimento, pur nobile che sia. L'arte è scomoda per il conformista, è instabile, incerta, insicura, se no, non è arte. Nel momento in cui è il gesto artistico non vi è certezza di nulla ma piuttosto vi è tentativo.
Io la vedo e la vivo così.
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