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Matteo Giannini
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Messaggio da Matteo Giannini »

Ciao amici di forum. Oggi, come dice il co-amministratore, mi son svegliato filosofeggiante.
Il titolo già dice molto, ma la considerazione che volevo fare è di ordine generale. Less is More è ciò che diceva
Ludwig Mies van der Rohe dell'architettura, da architetto ne ho sempre ragionato nel mio campo e non posso che concordare. Come dice Marco il Conn-ista che, forse qualcuno sa, condivide con me l'essere architetto, parlando di Ville Savoye, sulle lamentazioni della proprietaria che la villa era troppo semplice, Corbu rispose; si ma semplice non significa facile.
Ciò premesso, sempre a livello personale, ho sempre ammirato pochi gesti, poche pennellate, preferendo Mies a Gehry, Kandinsky a Kokoshka, Calvino a Manzoni; ecco, direte voi, si è svegliato storto... invece no, mi son svegliato pupo nel senso giovane nell'animo, in un mondo in cui il fare è sempre considerato prima della speculazione, della riflessione, del vuoto. Ecco stamani mi baloccavo con 3 pezzi: Afro Blue, di Mongo Santamaria, flautista, ma diventata uno standard per merito di Coltrane, Naima e My funny Valentine; ecco passando dall'uno all'altro ho trovato la stessa stupenda sensazione di guardare un'opera di Mies. Pochi elementi, poche note rarefatte che tengono e descrivono un'immensità. Lì son nati molti pensieri che spero di riuscire ad esprimere in modo comprensibile:

come in architettura, quei 4 elementi, quelle poche note meravigliose, se le suoni male fai il vero disastro, rovini proprio tutto;

il vuoto e la rarefazione, personalmente, la preferisco all'esaltazione della tecnica, alla necessità di riempire il vuoto tra una nota e l'altra (forse non ne sono capace) ma preferisco una nota sostenuta a 3 pentatoniche sparate a cannone;

ho capito che ognuno ha voglie e espressività differenti. Il mio linguaggio tende al poco al niente al Wittgenstein che, cercando il senso del Logos e della verità conclude, ovviamente in modo paradossale, che l'unica verità è un segnale stradale che ti dà una direzione.
Questo è il mio sentire in qualsiasi espressione della realtà.


(Capo Oro) vecchio suonatore in erba.
Strumenti:
Conn: 12B Coprion '53;12A Coprion '53; 22B Victor '57; 6b late '65; 80a '61
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Posseduti: ytr1320s; ytr4335g; YTR 634 '75; 18B Coprion '55; 18A Coprion '56; Mahllion Bruxelles 671 '45; BrassOn '18
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Marco Muttinelli
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Re: Less is More

Messaggio da Marco Muttinelli »

Quanto me piace l'archi quando si sevglia filosofo : Wink :
Spero di aver presto tempo da dedicare alle riflessioni necessarie a quanto da te scritto per fornire ulteriori spunti, nel frattempo mi leggerò con grande avidità gli interventi che spero altri membri del Forum vorranno aggiungere su questi cocetti...
CONNichi wa ikaga desu ka
今日は如何ですか



SELEZIONE
Cornette: 82A Victor 1925; 38A Victor Special 1937; 12A Coprion 1947; 37A Connstellation 1961; 5A Victor 1965
Trombe: 22B New York Symphony e New York Symphony Special 1940; 12B Coprion Special 1940; 8B Artist 1965; 60B Super Connstellation 1969

OUT of CONN
Buescher The 400 T225 1937; F.E. Olds Ambassador 1950; King Cleveland Superior 1964; Couesnon Monopole Fl. ?


Imboccature: Conn, Denis Wick e Frate
strumenti e bocchini vintage disponibili per informazioni scrivere a: c.g.conn.expert@gmail.com
muggsy
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Re: Less is More

Messaggio da muggsy »

caro Matteo,
di architettura ne capisco il giusto ma la rarefazione e le note tirate con l anima anche a me piacciono di piu che non un refrain alla velocita di Hubbard(tanto per citare uno che volava).
Molto probabilmente perche non ne son capace ,ma verosimilmente mi piace pensare a cio che mi rende libero....tra una nota(o accordo) al seguente.Mi fa star li a pensare.
E' un pò come essere alla forgia,con una bella reggetta di 25x10mm in mano ed il tuo martello preferito......parti col arricciolare la testa...ma poi pensi che sia meglio curvala per farne un portalampada....ecco proprio cosi.
buone cose a tutti : Sig :
trombe benge anniversay-CONN 36 B-holton 48-Conn 22b Victor 1956
mounthpiece schilke 13b- Frate 3 HS 106 -Frate 4 HS 106- Monette B4LS1-EZ TONE.USA
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Marco Muttinelli
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Re: Less is More

Messaggio da Marco Muttinelli »

Nel "less is more" si può trovare fondamentalmente quel processo di ricerca archetipica di cui abbiamo già parlato altrove qui sul Forum.

Questo vale non solo per la musica ma per qualunque forma artistica dal momento che è comune ad ogni attività umana che lasci un "segno tangibile" per uno (o più) qualsiasi dei cinque sensi umani.

Possiamo pensare a due macro casi opposti nell'elaborazione artistica, ribadisco qualunque essa sia, che in ultima analisi rappresentano anche il nostro stato ontologico di individui che possono agire in conformità di uno o dell'altro sistema.
Nel caso della musica questi due atteggiamenti opposti si identificano in un processo discendente ed in un processo ascendente che gli corrisponde perfettamente e, per certi versi, specularmente.

Dalle infinite (sarebbe più appropriato utilizzare il termine "indefinite" giacché il concetto di infinito è antitetico a qualunque cosa che ne possa limitare in un qualunque modo le possibilità, ad esempio i numeri sono indefiniti e non infiniti in quanto il numero per sua natura crea un "confine", l'insieme dei numeri appunto, limitato rispetto all'infinito che contiene tutto ciò che c'è e tutto ciò che potrebbe essere) combinazioni possibili di note si eliminano via via (si scartano in un certo senso) tutte le combinazioni ritenute ridondanti, non importanti o non significative.

Si procede poi ad identificare all'interno di tali combinazioni rimaste quella particolare nota che regge tutta la combinazione (intendo quella nota senza la quale tale combinazione non avrebbe senso).

Procedendo lungo questo percorso rimangono quindi delle singole note che rimangono comunque in relazione tra loro in quanto "sintesi" del processo di cui sopra, ma estremizzando ulteriormente questo processo si arriva ad identificare quel suono (tra le singole note rimaste) che da significato al tutto.

Quel suono che da solo basterebbe a creare un universo (non sto scherzando) e che da solo basta a significare il tutto.
In altri termini questo tipo di ricerca tende per sua natura a ritrovare quel "Ἐν ἀρχῇ ἦν ὁ λόγος" prima manifestazione dell'universo secondo le fonti Tradizionali.

Quel suono primordiale scaturito prima di ogni altra cosa o essere che sia che ha dato vita a tuta l'esistenza dell'universo e dell'uomo:
"οὗτος ἦν ἐν ἀρχῇ πρὸς τὸν θεόν.
πάντα δι' αὐτοῦ ἐγένετο,
καὶ χωρὶς αὐτοῦ ἐγένετο οὐδὲ ἕν. ὃ γέγονεν
ἐν αὐτῷ ζωὴ ἦν, καὶ ἡ ζωὴ ἦν τὸ φῶς τῶν ἀνθρώπων·"

e senza del quale nulla potrebbe esistere (ci torno su più tardi o in altra occasione parlando del rapporto gerarchico dei cinque sensi dato che ha riflesso anche su questi aspetti), quel suono sacro a tutte le civiltà che il Sanscrito identifica perfettamente nel Om.

Il processo opposto che potremmo definire dal poco al molto, partendo da un suono iniziale (che potrebbe essere anche quel suono primordiale di cui sopra ma non necessariamente) tende a costruire una sorta di castello di suoni successivi, ciascuno dei quali a sua volta può divenire base per una serie successiva di suoni creando così una moltiplicazione di costrutti che ricordano molto la molteplicità degli stati manifestati nell'ambito che identifichiamo con il termine Realtà.

Ci sarebbero molte considerazioni circa le direzioni ascendenti e discendenti (a cui avevo accennato prima) dei questi due processi opposti ma qui si entrerebbe su di un piano speculativo che esula completamente dalle caratteristiche di questo spazio, accennerò soltanto che, mai come in questo caso, le apparenze potrebbero ingannare e ciò che parrebbe un processo discendente è in realtà ascendente e ciò che parrebbe ascendente è in realtà discendente.

Accennavo anche al fatto che i cinque sensi umani abbiano una sorta di gerarchia e questo è tanto più vero quanto riusciamo a spogliarci dei condizionamenti sociali e culturali nei quali siamo immersi per ritornare a contatto con la più pura essenza umana.

Siamo abituati a considerare la vista come senso più importante e, in un qual certo modo, principale ma così non è, infatti il senso più importante è proprio quello dell'udito concordemente al fatto che la realtà si sia sviluppata a partire dal suono e solo successivamente si sia manifestata la luce che sottende alla vista.

Per rendersene conto basti pensare quante volte un rumore ci ha fatto voltare per vedere cosa succedeva e quante volte invece se vediamo un qualche accadimento andiamo anche a ricercare il suono di tale evento. Ma forse ancor più esplicativo basta provare qualche minuto a tapparci gli occhi e a percepire il mondo solo attraverso i suoni e poi a tapparci le orecchie e percepire il mondo attraverso la sola vista, ci renderemo perfettamente conto di quante informazioni in più riceviamo dall'udito rispetto a quelle che abbiamo dalla vista.
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iMaurizio
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Re: Less is More

Messaggio da iMaurizio »

Interessante tema e interessanti gli spunti proposti.

Provo di partire da un altro punto, spostando l'attenzione sul comportamento dell'essere umano, prima che dell'artista.

In linea molto generale credo che uno strumentista tenda a sviluppare, proporre e anche enfatizzare le proprie migliori peculiarità e punti di forza nel modo di suonare lo strumento, soprattutto se questo aiuta a far progredire la propria carriera.

Un acutista tenderà a far note acute abbastanza spesso, mentre un velocista tenderà a privilegiare fraseggi e pattern veloci. La scelta dei brani quindi, le tonalità e velocità potranno essere subordinate all'esigenza di mettere in mostra queste abilità. Ci sono anche altre caratteristiche, ma queste due nel mondo della tromba sono probabilmente le principali che esercitano un discreto fascino sull'ascoltatore e aiutano a definire il musicista una sorta di virtuoso e a distinguerlo dalla media.

D'altronde la musica classica molto prima del jazz e delle musiche del '900 aveva già sancito con varia letteratura che il virtuosismo sulla tromba era fatto di passaggi impervi, note acute e frasi veloci.

Sono consapevole di stare un po' semplificando, ma se fai Sandoval di cognome e a 20 anni hai già 4 ottave di estensione sullo strumento penso sia difficile resistere alla tentazione di far diventare quella caratteristica la tua principale cifra espressiva.

D'altra parte non voglio nemmeno generalizzare troppo al contrario, non voglio dire che tutti i più grandi talenti tecnici saranno portati ad abusare della loro dote, ma certamente credo che prima o poi dovranno chiedersi se ciò che vogliono essere artisticamente è ciò che sanno fare o se vogliono usare ciò che sanno fare per cercare la loro dimensione artistica. : Sailor :
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