Scrivo questo post perché questo è un argomento che a me, come progettista, mi interessa (inquadrato nelle logiche dei futuri mondi della produzione quindi ben oltre l’ambiente musicale) e mi piacerebbe sentire le vostre opinioni.
Il tema della stampa 3d è da molti anni una realtà, spesso troppo “citata” come una panacea, ovverosia una soluzione di tutti i problemi, ma tristemente non è così o almeno non lo è del tutto.
Per i meno informati la stampa 3d è, nella maggior parte dei casi, un processo additivo e non sottrattivo, ovverosia le macchine non funzionano come un tornio o una CNC che sottraggono materiale per ottenere una forma ma all’opposto, cioè aggiungendo materiale. Le tecnologie della stampa 3d hanno cominciato a essere alla ribalta già nella fine del secolo passato con le evoluzioni della stereolitografia e delle prime macchine sinterizzatrici, sull’evoluzione di un sistema che si basa su un estrusore che si muove sui tre assi cartesiani depositando una polvere che poi un laser o una “heat head”, che si muove sempre sui tre assi cartesiani, sinterizza ovverosia riscaldando le polveri “le solidifica” creando un processo che con qualche approssimazione potremmo descrivere come di cristallizazione.
Questi processi, utilizzati per lo più per creare Mockups, ovverosia modelli parzialmente funzionali, si sono evoluti determinato quello che adesso sono le stampanti 3d. Una evoluzione rapida nell’universo produttivo che nel frattempo ha aperto nuove frontiere e che ha, in un certo senso, accompagnato la distribuzione in rete della conoscenza, con quella che molti amano definire con il termine anglo-sassonico di “sharing knowledge”. Infatti grazie alla rete si é permesso lo sviluppo di comunità virtuali che hanno condiviso esperienze, nozioni, progetti che hanno migliorato la costruzione delle macchine ma anche i softwares: tutte cose che hanno aiutato queste tecnologie a crescere perché mosse dalle conoscenze di milioni di persone, comunità di creativi distribuiti in tutto il mondo e legati appena da internet.
Per mezzo d’istruzioni, di tutorials e video-esempi la comunità dei “makers” ha reso possibile la condivisione di nozioni con l’idea/motto “io costruisco quindi io sono creativo”, che ha fatto esplodere questo fenomeno molto spesso contro i percorsi commerciali che le imprese di software, hardware ma anche quelle di prodotti o di servizi avevano creato.
Nel 2012 un ceco chiamato Josef Prusa ha democratizzato il processo della stampa 3d, creando un sistema alimentato per un filamento di plastica (ABS o PLA, Acido polilattico una plastica ottenuta da amidi naturali per esempio estratti dal mais) e distribuito da un termo estrusore mosso da un sistema di assi cartesiani. Prusa decide di pubblicare e “diffondere” gratuitamente le informazioni su internet e rendendo accessibile gratuitamente questo sistema a milioni di persone alimentando la comunità dei Makers. Per la prima volta il sistema creava macchine che da sole potevano replicarsi, ovverosia ogni stampante poteva stampare, quindi creare, componenti per un’altra stampante.
Fin qui le stampanti 3d alimentate a filamento hanno avuto uno sviluppo incredibile, migliorando i sistemi di controllo, le meccaniche, gli estrusori e i materiali. Oggi riusciamo a trovare moltissimi materiali che possono essere impressi, tra le plastiche per esempio la scelta oggi è “gigantesca” enumerando appena le più comuni troviamo il Nylon, o il TPE / TPU (elastomeri), ma anche materiali “ibridi” che per esempio includono fibre di legno, materiali che migliorano la resistenza includendo fibre ci Carbonio (quella che io e i miei colleghi abbiamo utilizzato per il prototipo di sordina Shatron) o Kevlrar, o ancora trasparenti che includono resine che danno questa possibilità. Ma oggi la stampa 3d, utilizzando macchinari più complessi, si estende anche ad altri materiali come le ceramiche e i cementi, i materiali metallici, (Titanio, Alluminio, Acciaio, Rame, Bronzo…) o “paste alimentari (impasti farinacei, a base di cioccolato…).
Alle macchine “tipo Prusa” oggi si sono affiancate quelle con resine liquide e processi stereolitografici, dal mio punto di vista meno indicate per un utilizzo domestico per l’utilizzo di sostanze che possono essere pericolose sia per areazione che per contatto fisico. Queste stampanti (oggi abbastanza accessibili da un punto di vista di prezzo) utilizzano processi di fotopolimerizzazione che solidificano resine quando esposte ad un determinato fascio luminoso, permettendo ottenere dettagli con qualità molto superiori agli oggetti ottenuti con stampanti alimentate con filamenti. Oggi la scelta di resine è vastissima permettendo, con investimenti relativamente bassi, di raggiungere risultati interessanti sia esteticamente che meccanicamente. I problemi di questo tipo di produzione sono principalmente relazionati con la “nocività” dei processi e i tempi che sono ancora troppo lunghi.
Alle stampanti con filamento e con resine liquide si aggiungono oggi quelle con polveri e laser sinterizzate a laser, la stampa di “inchiostri “ che funzionano in maniera molto simile a quelle stampanti classiche da fogli che abbiamo in casa o in ufficio ma basati sull’utilizzo di fotopolimeri liquidi.
Ripeto, oggi esiste una maggior diffusione di macchine con svariatissime tecnologie ma è chiaro con qualità diversissime: possiamo comprare una macchina a filamento o a resina liquida con meno di 300€ ma possiamo comprare centrali di macchinazione con sistemi di sinterizzazione o di fotopolimerizzazione con 200.000€, e mi sembra chiarissimo che i risultati non potranno mai essere gli stessi.
Ma l’espansione di queste tecnologie ha anche portato alla diffusione di “centri di stampa” che possiamo trovare facilmente in una ricerca su google, centri che, fornendo un file nel corretto formato, ci permettono di poter avere un prodotto finito stampato seguendo le nostre esigenze, sia da un punto di vista di forme, geometrie o di materiale.
Nel settore musicale troviamo molti progetti, come per esempio violini, chitarre, ma anche flauti, ma anche tromboni, trombe o sassofoni. Chiaro ed evidente che non tutto quello che troviamo oggettivamente può essere classificato come “uno strumento musicale” ma in alcuni casi (pochi sinceramente) questo tipo di “sperimentazione” apre interessanti prospettive, alternative o complementari a quelle tradizionali. Per esempio quello di progetti interessantissimi che hanno aiutato a migliorare l’accessibilità alla musica a persone con handicap fisici, tra questi cito quelli per la realizzazione di una protesi che da la possibilità a chi è privo di un arto di poter suonare violoncello (
https://3dprint.com/174548/3d-printed-cello-prosthesis/) o la batteria (
https://3dprint.com/214675/3d-printed-d ... rosthetic/)
Una delle grandi porte che aprono le tecnologie di stampa 3d sono le personalizzazioni/customizzazioni, anche nel campo della musica, Tra i progetti che, personalmente, mi sento di menzionare c’è il progetto “3d string theory” sostenuto dalla governance Canadese che vede come partner la Ottawa Simphony Orchestra, alcuni luthiers di strumenti tradizionali (corde/archi), un compositore, due imprese relazionate con le tecnologie della stampa 3d e un’università. L’obbiettivo del progetto era quello di creare nuovi strumenti ad arco sfruttando le tecnologie della stampa 3d non per “copiare” gli strumenti tradizionali ma per cercare di capire come le nuove tecnologie possono generare nuovi pattern sonori e in che maniera questi possono essere impiegati in contesti complessi come quelli di un’orchestra.
Esistono anche progetti che interessano le famiglie dei fiati, anche qui le tecnologie 3d si sono lentamente diffuse ma probabilmente dovremmo aspettare un poco per poter vedere qualcosa a livello di strumento completo “degno di nota”. Di strumenti completi io ne ho trovati pochi e, per la verità, in rete se ne trovano molti ma nella maggior parte dei casi le qualità sonore (e ripeto per quello che sono riuscito a trovare) vanno ben al di sotto di qualsiasi aspettativa. Oserei dire che, per quello che ho trovato ed ascoltato in alcuni video, è da un punto di vista sonoro molto peggio di quello che performativamente offrono gli strumenti in plastica che attualmente esistono sul mercato.
Quello più interessante che si trova prodotto in 3d per gli ottoni si trova in particolare nella produzione di componenti, infatti nella mia ricerca ho trovato alcuni progetti veramente interessanti. Nel Connecticut l’Università ha montato un progetto che, utilizzando le tecnologie degli Scanner 3d e delle stampanti 3d vuole produrre analisi organologiche non invasive su strumenti antichi, uno dei primi componenti ad essere stato analizzato e replicato è stato un bocchino della prima generazione di sassofoni creato da Adolph Sax. Sempre nel bocchini di sassofono esistono numerosi studi, progetti e articoli scientifici dove sono creati progetti per alterare il suono, diminuire il peso, aumentare la durabilità, ridurre i livelli di usura. Esistono anche alcune imprese, come per esempio la Syos, la Sugal, la Dequelery o l’italianissima WBS (Milano) che già producono e distribuiscono bocchini prodotti con le tecnologie della stampa 3d.
Anche negli ottoni troviamo progetti interessanti come quello che nasce da una collaborazione tra la One East Texas Band e la Whitehouse Jr. High School per creare bocchini per trombe e tromboni utilizzando stampanti 3d. Per quello che ne so, la geometria del bocchino per ottoni è più complessa di quella per esempio di un sassofono o di un clarinetto, avendo alcuni punti che, per esempio per le stampanti a filamento, sono molto critici come per esempio la parte finale del backbore (troppo fina per questo tipo di stampanti) o il rim (che per le stampanti a filamento a volte risulta molto difficile controllare il profilo). Ho visto alcuni studi interessanti (più o meno scientifici) prodotti con le stampanti a filamento, uno pure pubblicato nel forum “trumpet herald” in cui uno dei partecipanti pubblica alcune esperienze fatte stampando repliche di bocchini di famosi trombettisti (tra i quali mi ricordo di quelli di Miles, Dizzy e alcuni modelli storici della Kanstul) ma si vede chiaramente a vista d’occhio che i risultati non sembrano eccellenti…Dall’altro lato le stampanti in resina hanno una migliore performance con queste geometrie ma molto spesso producono oggetti troppo fragili che resistono molto poco all’attrito o allo shock (ossia per esempio alle cadute), adesso sono certo che l’uscita di nuove resine potrà riuscire a trovare nuove alternative valide e probabilmente molto in breve potremmo trovare qualcosa di valido anche nei boccali per tromba.
So di per certo che ricorrendo ad altri macchinari, come per esempio quelli che utilizzano polveri e la sinterizzazione con laser, i problemi si risolvono ma per adesso i costi produttivi sono molto proibitivi. Dal punto di vista commerciale nella tromba ho trovato ben poco per adesso, mi hanno detto che la Kelly mouthpiece (impresa americana che produce anche bocchini in Lexan) e Harrelson stava provando qualcosa (forse appena i rim di un bocchino modulare) …ma di questi so poco.
Poi sempre negli accessori si trova qualche sordina (per quelle che sono le nostre esperienze i risultati dipendono moltissimo dai materiali, per esempio il PLA non mi sembra che dia risultati accettabili, ma questo può dipendere anche dalle geometrie …). Si trovano anche piccole produzioni (fuori dai grandi percorsi distribuitivi) con una grande varietà di altri accessori (come supporti per lo strumento, tutor/visualizzatori per aiutare ad avere una corretta imboccatura o appena custodie per bocchini…).
Quali sono allora in questo momento i margini di progetto per queste tecnologie nell’area degli strumenti a fiato? Probabilmente l’evoluzione sarà lenta perché nella musica la "qualità performativa" è essenziale e prioritaria, ma credo che le tecnologie 3d con l’entrata di nuovi materiali potrebbero essere importanti nelle aree più prossime alla “customizzazione”, dove magari si ricerca più una qualità propria del suono.
Per esperienza personale e per quello che si trova in internet qualsiasi progetto si crei in questo campo (ovverosia quello della musica) non potrà dispensare la creazione di “gruppi di lavoro multidisciplinari” che permettano di creare presupposti, di costruire progetti e percorsi che possano analizzare le problematiche da molteplici punti di vista ma che principalmente possano determinare questioni e problematiche vere che oggettivamente possano essere risolte da queste tecnologie.
Come diceva un grandissimo Designer chiamato Enzo Mari, “tutti quelli che sperano nel Dio della tecnologia sperano male”, ovverosia non si può pensare di lavorare la tecnologia per la tecnologia ma questa deve essere vista come un mezzo e non un fine.
Quindi la prima domanda da fare è quella relativa al tipo di problematica che potrà essere risolta da queste tecnologie, cercando di capire quali problemi possono trovare risposta in questo tipo di produzione, altrimenti rischiamo di ridicolizzare tutto e trasformare un progetto di un prodotto nel progetto di un gadget….con tutto il rispetto del gadget.
Come ricercatore e come progettista mi piacerebbe sentire e leggere le vostre opinioni, anche le più critiche e cercare di capire se possono esistere problemi la cui risposta può venire da questo tipo di percorsi produttivi.
Un saluto,
Ermanno